Cosa succede se Trump perde ma si rifiuta di lasciare la Casa Bianca

 

Cosa succede se Trump perde ma si rifiuta di lasciare la Casa Bianca

Le elezioni Usa 2020 non hanno ancora dato un vincitore chiaro tra Donald Trump e Joe Biden, ma entrambi i candidati si sono presentati davanti alle telecamere per dirsi fiduciosi del successo finale.

Come era prevedibile Trump ha usato toni più netti e decisi, sostenendo come sia chiaro ormai il suo trionfo e che in caso contrario si tratterebbe di una truffa elettorale, dicendosi pronto a non riconoscere il risultato e a presentarsi davanti alla Corte Suprema.

A questo punto c’è un interrogativo che in molti si stanno ponendo: cosa succede se Trump perde ma si rifiuta di lasciare la Casa Bianca?

Innanzitutto bisogna dire che si tratterebbe di una situazione inedita nella storia degli Stati Uniti, poiché tutti i partecipanti alle elezioni presidenziali hanno sempre riconosciuto la propria sconfitta, anche nei casi più critici.

Se Trump fosse comunque contrario ad abbandonare la Casa Bianca e l’incarico da presidente, i passaggi sarebbero però definiti.

Il mandato del presidente americano, chiunque esso sia, scade a mezzogiorno (ora di Washington) del 20 gennaio, come previsto dal 20° emendamento della costituzione, escludendo chiaramente la possibilità di una proroga o estensione della carica.

Entro il 23 dicembre il collegio elettorale degli Stati Uniti d’America, ovvero l’insieme dei grandi elettori conquistati attraverso la maggioranza di voti nei diversi Stati, devono comunicare al Congresso i nomi del nuovo presidente e vicepresidente. Il 6 gennaio il Congresso si riunisce per ratificare la nomina.

A questo punto, Biden avrebbe la possibilità di pronunciare il giuramento come nuovo presidente degli Stati Uniti. Da quel momento diventa quindi formalmente il Capo di stato della nazione.

Dal punto di vista sostanziale, i servizi segreti riferirebbero tutto a lui, così come l’intero apparato statale americano. Secondo diversi esperti, sarebbe la stessa intelligence a occuparsi di rimuovere Trump dalla residenza presidenziale di Washington.

Tuttavia, tale processo potrebbe non essere così semplice e lineare. Infatti, si prevedono ancora alcuni giorni di scrutinio nei cosiddetti swing states per i voti espressi via posta e dure contestazioni sull’esito finale.

Come detto, Donald Trump ha già mobilitato i propri sostenitori, affermando già di aver vinto e di ricorrere davanti alla Corte Suprema se tale esito non gli venisse riconosciuto.

Il massimo organo giudiziario americano ha una maggioranza conservatrice di 6 a 3, grazie ai 3 giudici nominati durante il suo primo mandato, di cui l’ultima, Amy Coney Barrett, ufficializzata proprio nelle ultime settimane prima delle elezioni.

In questo caso c’è un precedente favorevole al Partito Repubblicano. Nel 2000 proprio la Corte Suprema sentenziò il risultato favorevole a George W. Bush a discapito di un altro vicepresidente democratico Al Gore, ponendo fine ad una competizione elettorale anche allora molto contestata.

Money.it


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