Per molti è un fatto risaputo; per qualche altro, no: i social network stanno lentamente cambiando i modi di fare della popolazione, e non solo perché sono ormai parte integrante delle relazioni sociali, con foto, condivisioni, video e così via. Secondo alcuni ricercatori ed esperti di Neuroscienze, che hanno analizzato il comportamento degli utenti su Facebook, la situazione non è affatto rosea, perché, con la nuova Home, Zuckerberg fornisce costantemente informazioni sulla privacy degli amici e questo spinge chi legge a volere sempre di più, anche nella vita di tutti i giorni.
Il sito Die Bild ha spiegato, infatti, che, se "a prima vista l'interfaccia Facebook appare innocua, […] sapere che cosa fanno gli amici attraverso la pubblicazione di notizie e immagini può causare l'ossessione negli utenti". Il desiderio di questi ultimi crescerebbe a dismisura anche nella vita reale, dove scoprire informazioni molto spesso non è così semplice. Anche Susan Greenfield è dello stesso avviso: la privacy non viene tutelata con la nuova Home e, non essendo una struttura immutabile, il cervello ne risente non poco.
"Il cervello umano è malleabile ed è in grado di adattarsi all'ambiente - ha spiegato la Greenfield -. Dal momento che viviamo in un momento in cui la realtà digitale è in rapida espansione, siamo sempre pronti a controllare quello che fanno gli altri e quali sono le loro opinioni. Questo ha cambiato il nostro modo di pensare e di vedere molte cose".
Siamo quello che gli altri vogliono?
La studiosa si è detta allarmata dal fatto che il pensiero dell'utenza è influenzato dal numero di "mi piace", che spinge chi scrive sul social network ad agire per ottenere riscontri positivi presso il pubblico (ecco perché l'implementazione del tasto "non mi piace è assolutamente impensabile). Le persone - ha concluso la Greenfield - sono ossessionate, insomma, dal voler piacere ed è per questo che cambiano i propri modi di fare e le proprie abitudini, sacrificando anche la loro privacy. In altri termini, diventano ciò che gli altri vogliono che siano.
Alzi la mano chi ha pensato che queste dichiarazioni siano esagerate: ne sarete senz'altro in pochi, perché la neuroscienziata sembra aver formalizzato qualcosa che era nell'aria già da un po'.
Via | The Telegraph
0 Commenti