Non sono poche, infatti, le volte in cui ragazzini e ragazzine, anche uomini e donne, utilizzano Facebook (o Twitter) per nascondere problemi di qualsiasi genere, palesando, al contrario, spavalderia, sicurezza e determinazione: stati d'animo e atteggiamenti completamente diversi dalla realtà. Ma veniamo al dunque: come sono arrivate, le due università, a queste conclusioni?
Gli utenti Facebook, secondo Peter Buxmann e Hanna Krasnova, sarebbero invidiosi della vita che degli altri riescono a conoscere tramite i social network: se è vero che questi, infatti, fingono, è altrettanto vero che non tutti coloro che leggono e si informano ne sono a conoscenza; ecco perché da qui all'invidia il passo è breve. Lo studio sarà spiegato in occasione dell'undicesima conferenza internazionale Wirtschaftsinformatik (Information Systems) di Lipsia (27 febbraio – 1 marzo) e promette molte altre novità; i ricercatori, infatti, sono sicuri che chi legge le informazioni finge, a sua volta, di essere felice, causando infelicità e invidia negli altri, tutto questo all'infinito in una sorta di spirale che potremmo definire "dell'invidia".
Lungi da noi l'idea che quanto studiato possa essere applicato a tutti gli utenti - in fin dei conti, esiste anche la vita sociale -, questa ricerca sembra però valida. Chissà cos'avranno ancora da dire i ricercatori a partire dal 27 febbraio 2013… Speriamo che considerino anche le parole dell'arcivescovo Sepe!
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